Stagflazione: cos’è e quali strategie adottare per combatterla?!
Per mesi, i leader delle banche centrali delle principali potenze economiche hanno sostenuto che l’aumento dell’inflazione fosse solo temporaneo. E che un aumento dei livelli dei prezzi nel breve periodo non era motivo di preoccupazione. L’inflazione, sarebbe ritornata ai livelli “naturali” non appena le strozzature lungo la catena degli approvvigionamenti si fossero risolte.
Basta fare due conti per rendersi conto che oggi le cose non stanno andando esattamente in quella direzione. Le principali economie mondiali stanno facendo i conti con un improvviso rialzo dei prezzi in un contesto di mancata crescita economica, ovvero con quel fenomeno che gli economisti definiscono con un’unica parola, stagflazione!
Stagflazione: un nemico duro da battere!
Per affrontare efficacemente la stagflazione, le banche centrali non hanno molte strade da percorrere se non quella di intraprendere misure monetarie restrittive.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di ridurre la massa di moneta circolante. Ciò può avvenire alzando i tassi e riducendo la velocità di circolazione della moneta. Questa strada, però, ridurrebbe la domanda aggregata di beni e servizi, penalizzando la crescita economica.
In altri termini, le misure convenzionali per contrastare la stagflazione, se da un lato ridurrebbero la pressione sui prezzi, dall’altro andrebbero a penalizzare la crescita economica non ancora consolidata.
E noto che la stagflazione genera una riduzione dei salari reali e quindi del poter d’acquisto dei cittadini. Dinanzi a questo fenomeno le rivendicazioni salariali sono una conseguenza “naturale”. Il problema è che un aumento dei salari alimenterebbe ulteriormente l’inflazione. Del resto un mancato allineamento degli stipendi renderebbe più povera la popolazione con ripercussioni sulla domanda di beni e servizi, e quindi sulla crescita.
E’ proprio il caso di dire che la “coperta è corta“. Sembra che il mondo oggi si trovi a dover scegliere tra inflazione o crescita economica!
Le soluzioni degli anni ’70 e ’80 oggi non sono applicabili!
Del resto sembra che le soluzioni adottate negli anni 70/80 oggi non siano praticabili. In quegli anni la soluzioni fu la delocalizzazione. Il trasferimento oltre confine di molte attività produttive ridusse fortemente la possibilità di contrattare eventuali aumenti salariali riportando in equilibrio il mercato del lavoro, stroncando ulteriori peggioramenti dell’inflazione.
Alla luce delle difficoltà riscontrate nella catene di approvvigionamento causate dalla pandemia ed esasperate dalla guerra, gran parte delle imprese sta riportando all’interno numerose attività, de-globalizzando il sistema. La maggior domanda di lavoro qualificato potrà incontrare l’offerta solo a salari crescenti, alimentando l’inflazione!
Combattere la crescita dei prezzi con la politica fiscale?
La teoria economica dice che occorrerebbe agire sulla politica fiscale, riducendo la spesa corrente e la pressione fiscale, unici strumenti efficaci per stimolare i consumi e per questa via la domanda aggregata di beni e servizi.
Anche il sostegno degli investimenti (la politica fiscale Biden e il NGeu Europeo sono due esempi), monitorando però attentamente che la spesa corrente e la pressione fiscale non aumentino, può essere una strada da percorrere per sostenere l’economia.
In altri termini, una politica fiscale di qualità, che punti ad una crescita con investimenti strutturali, e non semplicemente a sostenere i consumi, potrebbe dare sostegno all’economia senza incidere direttamente sui prezzi. Inoltre, alle Banche Centrali spetterebbe il compito delicato compito di equilibrare la liquidità immessa nel sistema attraverso una migliore allocazione della massa monetaria che accompagni la ripresa dell’economia.
In questo contesto così complesso la gestione del rischio è prioritaria rispetto al rendimento degli investimenti. Iscriviti al corso GRATUITO investitore SMART per evitare gli errori più comuni e salvare il tuo capitale.
Buon investimento!